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Processi urbani

Negli spazi urbani oggi vivono a stretto contatto aree ipermoderne, dotate di servizi raffinati, di alte possibilità di inclusione sociale e di un alto grado di valorizzazione capitalistica, ed aree di disagio, povertà e immiserimento umano. Le opzioni politiche che attraversano questi territori frammentari sono oggi a uno svincolo di grande portata: mentre una classe dirigente iperliberista e pragmatica professa la gestione poliziesca e violenta di ogni contraddizione sociale, tra le classi sociali spremute dalla crisi si fanno strada ideologie scioviniste, securitarie, razziste. La “guerra tra poveri” sembra essere il campo di investimento di gruppi reazionari, interessati a creare un blocco sociale che incanali il disagio nella difesa militare delle classi dominanti. D’altra parte, dal basso si affacciano ai contesti urbani percorsi di lotta aperti ed inclusivi, meticci, antirazzisti, fondati sulla riappropriazione pratica dei quartieri e il contrasto diretto alla speculazione. Se, come è sempre stato nella storia, le città sono il luogo in cui gli uomini plasmano l’organizzazione sociale, decidono l’allocazione delle risorse e il grado di partecipazione collettivo al benessere, proprio queste pratiche conflittuali sono oggi da indagare teoricamente e praticamente.

Il ruolo dell’inchiesta sociale deve essere quello di riconoscere nella dimensione urbana un apparato politico di produzione, segmentazione, valorizzazione della cittadinanza, in un’ottica crescente di mercificazione neoliberista dei diritti. In secondo luogo, è necessario collocare la città nel territorio creato dalla vorticosa accelerazione della circolazione delle merci, spinta dal capitale che con tutti i mezzi tende ad assicurarsi la trasformazione del plusvalore in profitto, facendo terra bruciata delle geografie regionali, rompendo senza soste gli equilibri tra città e campagna, aspirando a rendere le vite umane niente più che mostruose appendici delle carceri della produzione e delle autostrade della circolazione di merci. Declinare un’inchiesta sociale sui processi urbani significa dunque:

– riconoscere lo spazio urbano come “incarnazione di potere sociale”, attraversato da stridenti contraddizioni tra possibilità di sfruttamento e possibilità di conflitto, immani progetti speculativi del capitale e molteplici possibilità di auto-organizzazione, rivolta e riappropriazione

–  indagare le dinamiche specifiche che fanno da corollario ai processi di sfruttamento: processi di gentrificazione guidati dagli interessi della grande speculazione edilizia, cordate clientelari di appalti per la costruzione di grandi opere inutili, diffusione di ideologie securitarie attraverso i mezzi di comunicazione, diffusione dei dispositivi di controllo polizieschi e militari come soggetti “non neutrali” nelle contraddizioni urbane ma chiaramente conservativi dell’ordine dello sfruttamento

– processi di “displacement” della popolazione povera, non garantita, illegale: paternalismo montante nelle politiche sociali, questione sociale rubricata come questione di ordine pubblico, penetrazione delle forme più rudi di controllo sociale in tutte le politiche sociali destinate al disagio, moralizzazione degli interventi sulla povertà attraverso la retorica del degrado urbano e della responsabilizzazione individuale, politiche dell’abbandono, forme differenziali di gestione istituzionale della contraddizione urbana

– evoluzione delle forme di governance e dei saperi ad esse connessi nella gestione “normalizzante” del tessuto urbano: le ambiguità dell’ideologia partecipativa come terreno di coltura di chiusura identitaria, approccio securitario e paternalistico, cui fa da parallelo contraltare la retorica della responsabilizzazione e dell’inclusione sociale. La valorizzazione capitalistica della presa in carico del disagio e della gestione degli improduttivi. La relativa ristrutturazione dei saperi e delle pratiche istituzionali di gestione del disagio attraverso un sofisticato sistema differenziale fatto di ideologie di ricambio post-moderniste, securitarismo reazionario e gestione tecnica, ruolo dei saperi tecnici nella oggettivazione del disagio, riconfigurazione storico-politica delle perifericità sociale

– a partire da una riflessione sulle politiche sociali, per la casa, per la salute e contro la nocività dei quartieri, considerare lo svuotamento dello spazio pubblico nelle città in parte come riflesso del definitivo svuotamento dello spazio “mediativo” del pubblico nella politica ma anche come contesto micro locale in cui questa chiusura politica viene quotidianamente operata attraverso tecnologie locali. Considerare gli spazi di contro-offensiva, auto-organizzazione e possibile rivolta che emergono dal tessuto urbano

– in un contesto globale in cui parallelamente procedono finanziarizzazione dell’economia e “slumificazione” della città, collocare i micro-processi di quartieri, città e regioni nell’ottica globale della competizione imperialistica tra diversi soggetti impegnati ad egemonizzare le forme di dominio capitalista. Costruire la controffensiva rivoluzionaria.

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